Destinati alla vita
Un cammino di pace sulla via dell'amore

Anzianità: un "problema demografico" che incombe in modo crescente e preponderante soprattutto nelle società occidentali, dove molte sono le riflessioni e i dibattiti tra esperti che si focalizzano sulla centralità di un tema, troppo spesso analizzato solo sotto un profilo di stampo prettamente medico e/o sociale. Prospettive importanti certamente, ma che oggi più di ieri, hanno bisogno di essere accompagnate dalla presenza di una complementare e più profonda lettura spirituale.
Una visione introspettiva che riconosca nella vecchiaia, non solo un'età biologica, ma anche un tempo di crescita interiore, quale obiettivo verso cui questa fase del nostro percorso terreno va orientata per essere rivalutata e ripensata in un progetto sociale che escluda la cultura dello scarto.
E' il tema che troviamo nel libro "Destinati alla Vita" di Mons.Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo; un testo dove l'autore ci pone difronte alle più importanti domande che riguardano il momento ultimo della nostra esistenza.
E a tali domande, insieme all'autore, hanno contribuito a rispondere, coordinati dalla giornalista Laura Ceccherini, gli ospiti presenti alla presentazione del volume:
il teologo mons. Pierangelo Sequeri, la scrittrice Dacia Maraini, l'Imam Sergio Yahya Pallavicini, in un dialogo di confronto sulla “via dell’amore” dove tutti possiamo ritrovarci, credenti e non credenti, laici e religiosi in un crocevia auspicabilmente aperto alla pacifica confluenza delle tre grandi religioni monoteiste professate da cristiani, ebrei e mussulmani.
Se davvero tutti i popoli sono destinati al Paradiso, ebbene allora è davvero inutile che ci facciamo la guerra! Eppure la cultura attuale - come ci fa notare l'autore - è la prima nella storia dell’umanità in cui l’apertura a una eternità di pace non è né auspicata né indispensabile per rendere più vivibile la vita sulla terra.
"Destinati alla vita" è in tal senso, un inno alla pace e all'amore, scritto secondo la prospettiva cristiana di una vita che non finisce con la morte; una luce che c'illumina nella riflessione sul mistero della risurrezione della carne e della nostra salvezza quale meta universale nella beatitudine celeste. Siamo 'destinati alla vita' che è possibilità di ricercare e entrare in comunicazione con Dio prima della morte.
Nel Credo cristiano, - si legge nel libro - quando si afferma il futuro dell’uomo, non si parla semplicemente di uno stato di conservazione energetica e luminosa dello spirito e della materia, ma di una destinazione che, nel Simbolo niceno-costantinopolitano, viene riassunta in due affermazioni: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà». Sono 1700 anni che i cristiani, ogni domenica, chiudono la proclamazione della loro fede con l’attesa di questa visione.
"I padri del Concilio di Nicea, convocati dall’imperatore Costantino, - spiega mons. Paglia- redassero questa sintesi del “credo” che avrebbe dovuto rappresentare la spina dorsale della fede cristiana in tutto l’impero. Nelle parole finali, la Chiesa intendeva affermare con solennità la destinazione , riscattata e compiuta, della vita donataci alla nostra nascita. Da quell’inizio, ciascuno di noi ha riempito la sua propria vita di giorni e di anni sino alla sua conclusione (qualunque essa sia). E tutti siamo consapevoli che la nostra vita è il frutto della fatica e delle passioni, dei sacrifici e dei sogni che abbiamo fatto, personalmente e insieme, per non cedere al nichilismo della morte e ai suoi frutti avvelenati".
E' in quest'ottica che occorre ridare valore alla vita in tutte la sue fasi, perché l'anzianità non sia considerata una fragilità fine a se stessa. Deve crescere nella nostra attuale società una nuova consapevolezza: "La vecchiaia è tempo di brace e non di cenere".
Ciò che manca al nostro tempo, nel quale "l'immortalità del corpo" sembra fare molta presa, e che spinge sempre di più la coscienza dei nostri giovani verso una drammatica vacuità, colmata dai palliativi del più sfrenato consumismo, è il tema della destinazione: non ci “aspettiamo” più nulla, accecati ed asfissiati da un'incessante rincorsa del presente, fatto di un oggi senza domani, dimenticando che senza destinazione, non c’è attesa e neppure desiderio.
"Per il cristiano, - sottolinea mons. Paglia - la consapevolezza di una destinazione significa invece cogliere il senso degli anni come una “iniziazione” alla destinazione finale". Ed ancora c'invita a riflettere su quanto "il mondo è diventato globale, ma “liquido” (Bauman), senza punti stabili di riferimento. "Il migrante non a caso è diventato il simbolo della miseria globale: senza terra e senza casa. E da tutti respinto. La globalizzazione è quella della finanza e delle merci, non certo dell’umanità e dello spirito che cercano senso e destinazione". Crescono, invece, i muri, il nazionalismo, il razzismo, l’antisemitismo, mentre si dimentica il disegno originario di Dio: la destinazione di tutti i popoli alla pienezza della vita. Ma: "alla fine della storia, quando tutto avrà termine non ci sarà più nessuna virtù umana, nessuna divisione, splenderà solo l’amore che sa abbassarsi, quello di Gesù, che si è abbassato senza porsi alcun limite." rassicura mons. Paglia che nel suo libro ha voluto imprimere un segno di speranza - perché l’amore è una scelta che scende nelle profondità. Questo amore è il presente assoluto e l’assoluto futuro.
Elisabetta Calabrese